Nono giorno:
Trebisacce-Policoro
Lunedi 31 Maggio 2010
Come andò che a Trebisacce uscii illeso da perigliosa pietraia ciclabile, entrai nel Paese dei Lupi e giunsi nell'antica Siritide, su cui sorse un tempo la città di Heraclea
All'alba di questo sereno lunedì ho potuto ammirare il paesaggio costiero che mi era rimasto celato dall'oscurità della scorsa notte.

Oltre il fiume Saraceno, dopo un breve tragitto ho raggiunto il centro abitato di Trebisacce, dove ho per prima cosa provveduto a ordinare un cappuccino e un caffè al primo bar aperto (erano appena le 6 di mattino). Dopodichè ho proseguito sulla statale con poco traffico, finchè non ho incontrato un segnale stradale inaspettato: "itinerario ciclabile"

ed ho pensato di essere condotto verso una via ciclabile parallela alla statale, come se ne incontrano tante sui litorali pianegganti. In effetti la deviazione porta fino in prossimità della spiaggia ciottolosa, dove ho goduto qualche minuto della piacevole brezza mattutina nel cielo ancora terso delle 7.

Avrei dovuto forse capire che quel disegno di una bicicletta posto sul cartello rotondo a destra indicava forse che l'itinerario ciclabile fosse VERSO DESTRA?

Ignaro e fiducioso ho proseguito verso sinistra, ovvero seguendo la costa verso nord-est. Non ho dato molto peso al fatto che la strada non era asfaltata, ma costituita da fine ciottolato e sterrato, non difficoltoso da percorrere in risciò.
Finchè, ad un tratto

la via si muta in una pietraia.
Per fortuna, penso, dopo poche decine di metri ritorna il ciottolato/sterrato.
Come si poteva tuttavia osservare a destra a bordo strada, tricicli di minore qualità non sono sopravvissuti a quel pur breve off-road

E proseguendo per altre decine o centinaia di metri si alternavano ancora tratti di sterrato a tratti di pietraia, ma io fiducioso confidavo di giungere presto ad una qualche stradina di ricongiungimento alla strada principale, mentre attorno a me affioravano fra le pietre e gli sterpi altri relitti di sfortunati giovani triciclisti.

Ormai sono anche troppo avanti per tornare indietro, ho pensato, e così con cautela mi sono inoltrato fra i sassi, finchè la situazione ha raggiunto il culmine dell'avventuroso: se c'era mai stata una strada qui, nel corso della stagione delle piogge l'acqua del torrente doveva averla trascinata a mare!

AIUTOOOO!

Dopo essermi disperato ed aver imprecato in cuor mio contro l'ente locale competente, conscio di dover continuare la mia strada, ho raccolto le forze e -non so ancora bene come- mi è riuscito di scalare il ripido ed irregolare argine del torrente, e per fortuna dopo qualche centinaio di metri mi potevo ricongiungere con la scorrevole statale 106.
Animali morti a parte, ero contento di non dover mettere oltre alla prova i poveri ammortizzatori del risciò.

Presso la successiva località costiera, Roseto Capo Spulico, ho ammirato un bellissimo castello antico, dove al giorno d'oggi vengono celebrati matrimoni.

A Roseto Capo spulico ho mangiato al bar Napoli una piccola pizza-calzone, e ho preso un pezzo di provola silana -una specialità montana-, oltre che un the ed un caffè.
Ma una sosta più lunga è stata invece nella località successiva, Montegiordano. Qui ho comprato del pane, dell'acqua e un litro di latte di mandorla nel tetrapack (non c'è verso di trovarlo nei bar!), e sono sceso sul lungomare a fare uno spuntino in riva al mare, a base di sardella, pane, arance e provola silana.

Il lungomare era deserto, eccetto che per un vecchio signore che mi ha raccontato la sua vita di emigrante, e mi ha scattato una foto mentre sgranchisco le dita dei piedi.

Il tempo oggi non è limpido, la stagione turistica neanche qui sembra essere iniziata, ma il paese è carino, con questa passeggiata, e queste meravigliose infiorescenze di bouganvillea di diverse sfumature di rosso

Ero dunque intanto ormai giunto ad un atteso traguardo: il confine fra la Calabria e la Basilicata, l'antica terra dei Lucani, quel popolo che agli occhi dei colonizzatori greci doveva apparire talmente selvaggio e aggressivo, che fu denominato il "popolo dei lupi" (in greco antico "Lykos"=lupo)

Poco oltre il confine, mi sono fermato in una località chiamata Nova Siri, dove in un parco alberato che ricopre una bassa collinetta, si possono ammirare i resti di un complesso termale di età romana.

Il nome di questa località ricorda che su queste terre sorgeva un tempo la città greca di Siris, che diede tra l'altro il nome all'intero territorio pianeggiante circostante, la Siritide appunto. Questo territorio è stato bonificato dalla malaria in epoca recente, e non era stato per lungo tempo nè coltivato nè abitato.

Attualmente il centro civile della zona è Policoro, appena qualche chilometro più avanti.
È un po' una sorpresa la città di Policoro; infatti nel mio atlante stradale -per la verità un po' vecchiotto- Policoro viene indicato come un paesello di quattro case.
Ma quando esco dalla statale e muovo le prime pedalate in questa città, rifletto seriamente sulla necessità di procurarmi un nuovo atlante stradale...
Qui comunque non corro il rischio di smarrirmi: la segnaletica stradale è efficiente, e seguendola in breve tempo raggiungo -udite udite- il ... Centro di informazione turistica! Dall'inizio del viaggio il primo aperto che incontro!

L'ufficio del turismo è in effetti un organismo di recente apertura, gestito da ragazzi govani e dinamici, e si trova in un edificio esteso e basso, chiamato Borgo Casalini; era il posto che negli anni '50, quando praticamente Policoro non esisteva, ospitava i braccianti trasferitisi qua per bonificare la pianura circostante. Ho capito ben presto che stanotte avrei dormito qui a Policoro. a pochi passi dal Borgo Casalini si trovava la pensione dove avrei dormito. Prima di organizzarmi per la notte però, siccome ci sono ancora alcune ore di luce, ne ho approfittato per visitare il Museo Nazionale della Siritide, che si trova non molto distante da lì, su una strada pianeggiante che congiunge la città di Policoro con l'altura erbosa su cui pare sorgesse la sua antica antenata, la città greca di Heraclea.
Per intenderci, Heraclea è quel posto famoso nella storia di Roma perchè qui il re Pirro dell'Epiro alleatosi con Taranto ha sconfitto i Romani, grazie all'effetto-sorpresa degli elefanti da combattimento.

Dopo il museo avevo ancora tempo, cosi sono ritornato verso il centro e ho girato intorno al castello Baronale, che è la costruzione che esisteva già prima che venisse costruita Policoro, e ho percorso la via dei negozi fino alla piazza Eraclea, ove sorge il duomo cittadino, e la statua simbolo della città antica, Ercole che combatte il leone.

La scorsa notte non ho dormito troppo bene, a causa dell'umidità notturna, dei rumori della fauna notturna, e alla scomodità di dormire rannicchiato come un riccio nella cabina del risciò, inoltre fra ieri e oggi ho fatto davero troppa strada, quindi oggi appena possibile mi sono messo a letto e con un po' di frutta per cena tosto mi sono addormentato.
|