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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? In risciò da Genova a Roma
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Quattordicesimo giorno - L'arrivo

Venerdi 16 novembre

Come andò che da Civitavecchia attraversai Santa Marinella, Ladispoli, Torrimpietra, ove fui derubato dei fari posteriori, e mi infilai infine con cautela nell'ultimo assai veloce tratto di Aurelia. Come passai la notte a Trastevere in mezzo alla movida del venerdi sera.



S tamattina mi sono svegliato piuttosto tardi, grazie alla telefonata a sorpresa del caro cugino Antonio di Roma, che casualmente oggi lavora qui a Civitavecchia presso il carcere. E ha pensato che magari potevo essere arrivato da quelle parti. Nella sua pausa mi viene incontro e una volta che siamo riusciti con grandi tribolazioni a tirare fuori il risciò dal garage – poichè durante la notte qualcuno ha pensato bene di parcheggiare di fronte all'entrata del garage - siamo andati a bere un caffè d'orzo al bar presso il carcere vecchio, elegante complesso settecentesco conosciuto come Forte Michelangelo, che rappresenta a detta di Antonio un buon istituto di recupero. Il tempo è messo a pioggia, ed infatti quando dopo un po' di strada mi fermo a comprare ad un supermercato all'inizio di Santa Marinella, fuori comincia a piovere, e non la smette per diverse ore. Gli spazi del supermercato sembrano fatti apposta per confondere la gente, sembra di essere in un piccolo labirinto. La giovane cassiera aveva una faccia tonda, carnagione chiara e occhi grigio verdi. Mi ricorda qualcuno della televisione, anche per l'accento, ma non saprei dire chi. Prima di uscire da Santa Marinella mi sono fermato all'ultimo bar sulla strada, il bar Aurelia (che fantasia!), per riscaldarmi dalla pioggia con un the caldo. Mentre stavo alla porta del bar a sorseggiare il the è passato di là un certo Danilo con una specie di station wagon e in romanesco con una tipica voce caciarona mi ha apostrofato così: “Ma me speghi che c___o vor di?” Riferendosi alla scritta dietro il risciò.
Questo interloquire in dialetto romanesco é volgare quanto si vuole ma mette spesso allegria, non so perchè.
Poi verso l'una per fortuna smette di piovve, e rimane solo un certo vento asciutto, che però non mi è favorevole.
Superando quel tratto di costa rocciosa su cui sorge Santa Marinella, e che avrei voluto volentieri attraversare col sole e con un pò più di vita attorno, sono arrivato ad un'area pianeggiante che costeggia l'area del castello di Santa Severa e l'antico porto di Pyrgi.
Ho proseguito senza sosta verso Roma, e il vedere sulle pietre miliari e sulle case cantoniere il numero progressivo del chilometro della statale aurelia diventare sempre piu piccolo, funziona per me come uno stimolo a raggiungere più presto il punto di inizio di questa mitica strada, che ora finalmente sto ripercorrendo fin al suo principio.
Sulla mia destra Ladispoli, una città piuttosto grande, con tanti palazzoni e altre strutture, è ancora visibile quando vi passo accanto sulla statale, poi pian piano la giornata già di per sè non troppo luminosa si appresta a spegnersi.
Prima dell'imbrunire ho però ancora il privilegio di dare un ultimo sguardo al mare plumbeo e al cielo sovrastante. Non ricordo di aver mai visto una distinzione così netta all'orizzonte fra mare e cielo, quest'ultimo biancastro. Dappertutto svolazzano le gazze, animali che al pari di molti altri animali bipedi di queste contrade sottraggono oggetti altrui con una certa nonchalance.
Dopo Ladispoli la strada si allontana dal mare e si inoltra in un territorio di lievi colline.
A quel punto mi era chiaro che molto probabilmente non avrei trovato così facilmente un luogo dove pernottare da lì fino a Roma, ed ho pensato di arrivare ancora in serata in Roma centro, e una volta là cercare un posto economico dove pernottare. È noto infatti che nelle grandi metropoli i prezzi degli alberghi sono in genere più alti, ma contemporaneamente sono più accessibili per il turismo più povero gli ostelli e altri simili esercizi.
Inoltre ci sono moltissimi istituti religiosi. Insomma ho nutrito concreta speranza di trovare qualcosa senza dover girovagare troppo per la città. I miei parenti mi avrebbero aspettato per ospitare me e il mio veicolo solo a partire dalla sera di sabato, infatti avevo programmato di arrivare in città di sabato in giornata.
Quando è già notte verso le 6 sono arrivato a Torrimpietra e ho fatto un pausa di circa mezz'ora presso una grande area di servizio con un “McDrive”, cioè una specie di fast food dove ordini e ricevi da mangiare senza dover neanche scendere dal tuo veicolo.
Da là in poi sarebbe cominciato l'ultimo tratto di superstrada veloce, che mi avrebbe portato fino a Monteverde, alla periferia di Roma, e ho voluto lasciarmi un po' di “calma prima della tempesta”.
Quando ho dovuto usufruire dei servizi del locale sono però sceso dal risciò e ho parcheggiato nello spazio di fronte al locale, in qualche modo sicuro che non sarebbe successo nulla, anche perchè c'erano là accanto un gruppo di giovani seduti sui loro motorini. Non era un posto isolato, insomma.
Quando dopo mezzo minuto sono riuscito dal locale, mi sono dilungato ancora un po' a chiacchierare con questi ragazzi. Avevano tutti il motorino, ed alcuni di questi veicoli erano davvero carini, pieni di gusto nell'accostamento dei colori, lucidi e senza un graffio. Questa naturale eleganza si rispecchiava anche nell'abbigliamento dei ragazzi, e non solo delle ragazze del gruppo. Uno di quei motorini costava circa come un risciò e mezzo.
Solo dopo un buon quarto d'ora mi sono accorto che intanto entrambe le luci di posizione posteriori erano sparite!
Ho chiesto ad uno dei ragazzi se aveva visto qualcosa, ed questo con noncuranza mi ha risposto: ”potrebbe essere stato Fabbio, che era qui prima con noi”. E con il telefonino chiama questo Fabio, e gli chiede con fare tranquillo pressappoco così: ”A ssenti, qui c'è quer tipo cor caretto... non é cche c`hai mica preso le lusci de dietro prima de andattene via? No? Ah vabbe ciao allo'...”.

Rabbia a parte, ho organizzato alcune luci di emergenza a batteria, senza le quali sarebbe stato davvero troppo pericoloso proseguire nella superstrada, e ho ringraziato il cielo di avere portato con me anche delle luci di riserva.
E con queste luci di fortuna ho proseguito sulla Aurelia, che da qui in poi prosegue su due carreggiate separate da una transenna, e sulla quale, come stavo scoprendo, molti automobilisti procedono senza limiti di velocità. Non c'è molto da raccontare: mi sono solo augurato che finisse presto.

Lungo questa strada passano davvero tutti. Nei giorni successivi mi sono stupito di quanta gente sconosciuta che ho incontrato a Roma mi ha detto di avermi incrociato o superato su questo tratto di Aurelia.

Alcuni erano anche furiosi di aver trovato un mezzo così lento su una strada altrimenti a scorrimento molto veloce. D'altra parte, bisogna sapere che paradossalmente questa è anche l'unica strada ciclabile che porta da Civitavecchia a Roma.
Avrei pochi giorni più tardi testato e bocciato una possibile alternativa, di ritorno verso Civitavecchia. E d'altra parte, sono sempre rimasto diligentemente il più possibile fuori dello scorrimento del traffico, preferibilmente nella corsia di emergenza quando c'era, e per lo più a destra della linea di bordo carreggiata.
Non ho percepito un granchè del paesaggio intorno a me, e perchè era completamente buio, e perchè comunque ero concentratissimo a non sbandare neanche un po'. Mi ricordo solo che due o tre volte ho affrontato dei tratti in leggera salita anche piuttosto lunghi, e relativi tratti in discesa. Infine sono uscito a destra per andare a Monteverde. Ho chiesto al villaggio-bungalow che si trova proprio in quella uscita quanto mi sarebbe costato pernottare là, ma era troppo, e non sembra un posto troppo sorvegliato. Niente rischi.
Ho proseguito in una tranquilla strada che costeggia un campo, o un parco. Là presso un istituto religioso mi é stato spiegato come arrivare a Monteverde. Si é trattato di discendere a valle dela collina di cui stavo percorrendo la cresta, e quindi risalire fino a ritrovarsi in cima a viale circonvallazione gianicolense, al capolinea del tram che va a largo Argentina. In questa zona mi potevo ricordare di essere già stato svariati anni fa. Anche questa volta sono passato a salutare brevemente i miei prozii che abitano nella zona, nonostante che si fossero fatte ormai le 11 di sera. Dopo aver constatato che l'hotel Monteverde, che mi era stato consigliato per pernottare, non si é voluto abbassare a scendere al di sotto degli 85 € per una singola, mi sono diretto verso Trastevere, e ho fatto una prima lunga pausa al bar Baffo, il locale di fronte alla stazione di Trastevere che sta aperto tutta la notte. Avrebbe potuto diventare una simpatica alternativa per passare una favolosa notte in bianco nel mitico quartiere popolare celebrato dal Trilussa. Inoltre sta proprio ora cominciando il vivace venerdì sera di Trastevere.
In mezzo alla folla di ragazzi e ragazze che qui si danno appuntamento per poi riversarsi in gruppo nelle strade di Trastevere, alcuni fra loro mi guardavano in cagnesco, o divertiti, un po' anche per via del mio abbigliamento che nel passeggio del venerdi sera metropolitano spiccava probabilmente come un esempio di cattivo gusto: cappello-copriorecchie nero simil-balilla, giacca da ciclista nera, pantaloni al ginocchio verde oliva, calzamaglia blu e calzettoni amaranto al ginocchio. Faceva un po' freddo, e lo si vedeva dal tipo di giacche che indossava la maggior parte delle persone per strada: i tipici piumini da eskimese con la pelliccia intorno al cappuccio. Quello che in Nordeuropa alcuni chiamano scherzosamente “il costume folkloristico invernale italiano”.

dal Baffo di fronte alla stazione de Trastevere. La data é sballata


In questo contesto ho incontrato davanti al bar questi simpatici ragazzi de Roma che si sono prodigati da una parte a consolarmi per la triste vicenda delle luci posteriori, e dall'altra per cercare qualche indirizzo dove pernottare.
Eventualmente ci sarebbe un centro della Caritas andando a salire dietro il palazzo del Ministero dell'Istruzione. Uno di questi ragazzi, Emilio Lecce, é un fumettaro e ha un grazioso blog in internet, dove in una rubrica specifica racconta gli eventi salienti della quotidianità trasteverina. Anch'io con il mio triciclo ho avuto l'onore di rientrare in questa cronaca semiseria!
Verso la mezzanotte era quindi arrivato il momento di farmi un giro turistico di Trastevere, entrando da viale Trastevere verso piazza S. Maria in Trastevere, e per poi uscire da quelle vecchie vie lastricate presso piazza Trilussa.
L'atmosfera fra quelle stradine era allegra, molti giovani passanti erano già ubriachi, le ragazze rigorosamente accompagnate da uno o più giovani uomini. Mi ricordo di una “cioccolateria” davanti alla quale una piccola folla si attardava a consumare questi piccoli bicchierini di cioccolata riempiti di cioccolata calda, o di liquore, o di entrambi. É stata l'ennesima occasione per attaccare bottone con molta gente, che era incuriosita da questo elemento insolito nella notte trasteverina, e per farlo testare personalmente a qualcuno dei passanti.
Ma più tardi, verso le 2 di notte, sono tornato nel calore del bar Baffo, a bere un the dopo l'altro in compagnia di diversi personaggi della notte trasteverina: il trans in servizio in pausa caffè, diversi tipi di mezza età che mendicavano le monete per un caffè a tutti gli avventori del bar, alcuni donnoni che capitano lì per caso fra un luogo e l'altro delle feste mondane.
Intanto riflettevo sulla possibilità di andare a bussare alle porte della Caritas. Sono andato a salire per via Dandolo dietro il ministero della Pubblica Istruzione, ma – sarà che ero proprio stanco ed era buio – pur essendo salito per almeno un chilometro, fino in cima a dei ripidi tornanti, non ho visto nessun istituto della caritas. Alla fine mi sono stancato e mi sono fermato a dormire accanto alle mura di una villa, in un punto opportunamente riparato. Avvolto nel mio pastrano di feltro, riparato dalla cabina chiusa del risciò, mi sono addormentato subito e con una certa contentezza.
Bene o male dopo 14 giorni di viaggio sono arrivato sano e salvo a Roma, e addirittura in anticipo rispetto alla data prevista!



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