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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
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Nono Giorno

sabato 1° settembre 2007

Come andò che pedalai da Vicenza fino alla città di S.Antonio, dove mi trovai intrappolato in un traffico stitico, e come conobbi là persone fantastiche che mi ospitarono con grande amicizia.



D a Bike and More quando arrivo puntuale dal negozio il ragazzo è gia lì indaffarato in negozio con altre faccende, e io sto un bel po' ad aspettare, stiracchiandomi, mangiucchiando qualcosa, stendendo e rigirando i panni bagnati stesi ad asciugare sul tetto del risciò, contemplando infine le lucine verdi lampeggianti nel caricabatterie solare, che indicano il ricaricarsi delle pile. Relax completo insomma, là fuori sullo spiazzo assolato davanti al negozio, seduto sul sedile di dietro.
Pago con il bancomat 50 euro di cui 20 per le pastiglie del freno.
Chiedo al ragazzo ancora se questo campo militare americano sia sulla strada per Padova, ma no, è da tutt’altra parte. Proseguo quindi lungo Ca’Balbi fin fuori del centro abitato, finchè sul ciglio della strada vengo attratto da un gruppo di negozi, un pescivendolo e un supermercato alimentari chiamato “VIVO Brendolan”. Spontaneamente mi avvicino al banco salumi e formaggi e tiro un numerino. Chiedo alla signora che viene servita prima di me, quale sia un buon formaggio del posto. L’Asiago, risponde, e mi mostra tre o quattro varietà diverse di questo formaggio. Uno più piccante, uno più dolce uno più burroso. Poi ho preso ancora dei crostini da mangiare con il prosciutto e il formaggio e di dolce delle pasterelle “limonai” incartate. Ho ficcato tutto nel bagagliaio assieme al panettoncino di ieri, alle mele che via via stavo consumando mentre pedalavo, e a tutto il resto.
Da qualche parte uscendo dall'area di Vicenza sono poi capitato per errore su una strada secondaria, e passando da una chiesa mi sono accorto che la folla affollata fuori sul sagrato, tutti vestiti impeccabilmente, era là per aspettare che gli sposi uscissero dal portone. Stavano preparando appunto la distribuzione del riso e un grande foglio di carta montato su una cornice circolare, e su cui era dipinto nel centro un cuore rosso. Piazzatolo proprio davanti al portone, quando gli sposi ne sono usciti sono automaticamente andati a sfondare dal di dietro il cartellone con il cuore, perciò abbiamo assistito ad uno scherzo assai scenografico, prontamente filmato da chiunque avesse un apparecchio fotografico.
Io continuo ad evitare di avere con me una macchina fotografica, e perciò vi prego di immaginarvi la scena senza immagini.
Mentre tutto ciò accadeva io stavo in mezzo a queste persone, seduto sul risciò, e alcuni mormoravano che forse ero lì per scarrozzare gli sposi, e qualcuno, probabilmente il proprietario del veicolo che avrebbe effettivamente scarrozzarto gli sposi, mi ha chiesto chi mai mi avesse mandato.
Alchè ho spiegato che ero lì perpuro caso, e dopo il solito interrogatorio dei presenti (“Ma chi ti manda?”) mi è stata puntualmente indicata la retta via per Padova.
E oggi con i matrimoni non finiva qui.
Da qualche parte fra Torri di Quartesolo e Grisignano di Zocco mi sono fermato a parlare con un gruppo di operai meridionali che fumavano una sigaretta fuori di una trattoria operaia. Forse avrei trovato qui una bella pasta e fagioli? Ho chiesto, ma quel giorno non ce l'avevano. Invece avevano una buonissima pastasciutta e nel menu un pesce impanato con l'insalata e un quartino di vino, e caffè. Questo era un pranzo semplice e sostanzioso che mi ha portato il morale alle stelle, ed anche il tempo era stupendo, sereno e arioso.
Appena poco oltre sul campo sulla mia sinistra un gruppo nutrito di uomini e ragazzini stavano montando qualcosa. Mi hanno spiegato che stavano montando le strutture per la fiera. Quale fiera? Le persone davano per scontato che si sapesse che chiunque sapesse della loro fiera. La sagra che si svolge annualmente lì a Grisignano di Zocco in settembre, e che sarebbe la più grande della regione. Con addirittura tre tendoni.
Dopo anni di permanenza nella capitale delle fiere popolari (Oktoberfest, Tollwood e Auerdult per citare le più conosciute) avevo smesso di stupirmi per le grandi dimensioni di una fiera.
Non mi ero neanche mai immaginato cosa provasse un turista italiano ad entrare nell'Oktoberfest, che conta in due settimane in media 6 milioni di visitatori. Ora me lo posso immaginare, se qui una fiera con tre tendoni è una “grande” fiera.
Su quel terreno sterrato ho portato ancora un po' di ragazzini in giro, e un ragazzino ha anche provato a guidare.
Dopo questa piacevole pausa ho tirato dritto per i seguenti tranquillissimi 15-20 chilometri, di cui vorrei ricordare il cartello che indicava l'ingresso nel territorio di Rubano. Se vi trovate sulla statale 11 e sovrappensiero vedete un cartello con su scritto “RUBANO” che cosa vi verrebbe in mente?
Naturalmente come avrei saputo poco dopo a Padova, il paese si chiama Rubàno, ma non nascondo che questo evento mi ha un po' intimorito, e ho avuto il presentimento che avrei dovuto stare particolarmente attento da lì in avanti.

All'ingresso di Padova avrei voluto prima di tutto visitare la famosa Cappella degli Scrovegni, un famoso locale le cui pareti sono state affrescate da Giotto. Quindi ho cercato di chiedere ai passanti di indicarmi la via per arrivare direttamente alla Cappella degli Scrovegni. E come già in precedenza a Verona si è verificato il fenomeno del fuggi-fuggi: appena accostavo al ciglio della strada e dirigevo la sguardo prima ancora che la parola verso i passanti, questi si giravano dall'altra parte e ignoravano la mia richiesta di aiuto. Non è piacevole. Quando ho posto questa domanda agli avventori di un bar sotto i portici di Corso Milano un signore mi ha detto di andare avanti sempre dritto finchè arrivo in una piazza con una madonnina. Là devo girare a sinistra e seguire la strada fino alla cappella. Ma io gli chiedo, come faccio ad accorgermi di essere nella piazza con la madonnina? E lui ”ma sì, è una madonnina bella grande, la vedi di sicuro”. “Ah, allora”, dico io fra il serio ed il faceto, ”Più che una madonnina è una madonnona!”. Con quella che voleva essere una simpatica battuta involontariamente ho scatenato la rabbia di quest'uomo, che ha preso a inveire contro l'offensività del mio linguaggio...Non mi sono fermato a discutere ulteriormente e ho tirato avanti, finchè non ho incontrato questa “Madonnona”. Questa piazza è molto frequentata, e pare essere un punto d'incontro per i padovani.
Ad ogni modo, da là seguendo Corso Garibaldi si trova sulla destra una specie di giardino, e in quell'area, dove ai tempi dei Romani sorgeva un'arena, si trova la Cappella degli Scrovegni, attorno a cui è sorto il complesso dei musei civici Eremitani. Chiesa degli eremitani si chiama appunto la chiesa di pietra che si trova a sud del complesso. Sono sceso dal risciò e sono entrato un'attimo nella chiesa: era un luogo bellissimo, grande, alto e minimale, con un soffitto di legno e pareti di pietra. Sarei venuto qui domani mattina per la messa domenicale. Poi sono entrato in sella al mio veicolo dentro il cancello del museo, e sono sceso davanti all'entrata.
Una delle impiegate del museo mi ha con gentilezza ammonito dall'entrare entro il cancello con il veicolo, ed io ho dovuto spiegarle che nel caso avessi voluto visitare il loro museo, non sarebbe stato sicuro parcheggiarlo al di fuori dell'area sorvegliata. Siccome però la signora ha insistito sull'impossibilità di parcheggiare seppur temporaneamente all'interno del cancello, ho riflettuto un po' sul reale bisogno che avevo di visitare questi musei. Mi sono frettolosamente informato sugli orari di apertura, nel caso avessi avuto di domenica mattina ancora la possibilità di venire fin là a piedi, e quindi poter parcheggiare al sicuro il risciò e tornare qua domani mattina a piedi. Naturalmente dover preoccuparmi continuamente che non mi venga rubato o danneggiato il veicolo non mi fa piacere, e penso con rimpianto alla grande tranquillità con cui a Monaco parcheggio il risciò ovunque e senza timore alcuno. Ma questa è una grande e caotica città italiana, ed è meglio un po' di preoccupazione prima che una grande disperazione dopo.
Era ancora metà pomeriggio ed avevo tutto il tempo di esplorare un po' la città. Così mi sono mosso lungo Corso del Popolo cercando un internet point. Mi sono ritrovato davanti alla stazione, dove si incontrano gli extracomunitari, e ho chiesto ad alcuni di quel capannello, probabilmente là per trafficare droghe, di portarmi ad un internet point. è in genere opportuno chiedere agli extracomunitari, poichè essi usufruiscono e spesso gestiscono locali dove si può telefonare con l'estero anche attraverso l'internet. Uno di loro, un marocchino, monta su senza pensarci due volte e con la scusa di portarmi all'internet point si fa scarrozzare assieme ad un suo amico in giro per il circondario: andiamo su per il cavalcavia e giriamo in tondo dall'altra parte della ferrovia, poi ritorniamo indietro e a causa dei sensi unici giriamo in tondo per un po'. Per le vie intorno alla stazione si finisce necessariamente a girare in tondo come dei cretini, e anche gli automobilisti ne sono visibilmente frustrati. Qualcuno mi suggerisce che se le strade sono così scomode per il traffico, questo è proprio per scoraggiare il traffico automobilistico privato. Peccato che l'automobilista italiano medio, se il traffico della città italiana si fa impossibile, piuttosto che andare a piedi o affidarsi ad un tassista potenzialmente truffaldino preferisce cambiare un'auto meno comoda a favore di una che assomigli il più possibile ad un salotto, dove sia più facile estraniarsi dal traffico.
Alla stazione con quei due marocchini inchiodati al sedile dietro accosto davanti all'ufficio informazioni, e mi faccio dire dove si possa parcheggiare al sicuro il risciò. In realtà parcheggiando il risciò il più presto possibile spero da una parte di poter muovermi a piedi più agevolmente in questa zona, ma soprattutto di liberarmi pacificamente di questi compari che continuano a chiamarmi “amico” ma continuano a rifiutarsi di scendere dal sedile nonostante il mio invito ad alleggerirmi del loro peso indesiderato e superfluo. Mi indica il parcheggio annesso alla stazione, che è proprio là a fianco, ma nel parcheggio mi viene detto che non è possibile accettare un mezzo senza targa per motivi assicurativi. Il guardiano mi indica però un altro parcheggio sorvegliato e mi indica dove si trova la via sulla cartina che ho ricevuto nell'ufficio informazioni. Per raggiungere questo parcheggio, che se non ricordo male è posto fra Corso del Popolo e via Gozzi, mi tocca rispettare i sensi di marcia e percorrere viale Codalunga. Là accade una certa brutta figura con una donna anziana che si lamenta perchè le invado il marciapiede per sfuggire alle auto. Mi sono fermato per parlare con lei, ma dietro di me questo cretino si è scagliato con parole offensive nei confronti della donna. Là ho cominciato a percepire qualcosa di più sulla situazione di xenofobia, di cui qui in Veneto si avverte la presenza diffusa.
Un uomo di un'altra cultura e di un altro paese deve essere a priori trattato con il dovuto rispetto, ma deve anche sentire di dover rispettare per essere rispettato. Gli extracomunitari mettono alla prova la nostra capacità di comunicare senza essere aggressivi, di avere amor proprio ma anche l'umiltà di chiedere. Ed è una capacità che dobbiamo allenare, perchè potremmo essere presto o tardi noi in Europa a doverci integrare in culture del tutto diverse e nuove.

Mentre discutevo con il guardiano del parcheggio i due “amici” hanno spontaneamente lasciato il veicolo, e se ne sono andati, positivamente colpiti dall'aver fatto qualcosa di divertente, gratuito e certamente visto con simpatia dalla maggior parte delle persone.
Il guardiano aveva un marcante accento calabrese, che però grazie ad una variopinta inflessione lasciava capire che abitava in Veneto da almeno dieci anni. Si è dato molta pena di riflettere su un garage dove poter parcheggiare al sicuro, ha anche chiamato il principale per chiedere se si possa fare un'eccezione, ma nulla da fare. Mi ha segnato sulla mia cartina il parcheggio in via XX settembre, e mi mostra che proprio a due passi da là si trova l'ostello della gioventù, in via Aleardi.
Allora ritorno nella piazza Garibaldi, quella con la Madonnona, dove mi imbatto in un giornalista-fotografo che ritiene di scrivere per il “Mattino di Padova”. Si chiama Davide Bolzoni, e mi chiede un appuntamento per una foto-session domani mattina, ci scambiamo i numeri di telefono e rimaniamo daccordo per l'indomani a mezzogiorno davanti alla chiesa degli Eremitani. E proseguo sulla via VIII febbraio che è parte della zona pedonale del centro storico. Via XX Settembre è quella via che corre parallela al canale che taglia il centro da ovest a est. Finalmente in quel parcheggio il guardiano mi assicura che qui posso parcheggiare senza problemi da subito fino a domani mattina, e che costa intorno ai 10 euro. Questo mi tranquillizza molto, e mi riprometto di ritornare qui se più tardi dovessi aver bisogno di posare al sicuro il veicolo. Ora vado a chiedere un pernottamento all'ostello della gioventù.
Ma non sapevo che l'ostello è praticamente sempre strapieno, perchè ci dormono i turisti low-badget che da tutto il Mondo vengono a visitare Venezia. Di fronte all'ostello c'è un villino protetto da un cancello, e attraverso il cancello ho potuto parlare un po' con una nonna e una bimba che era incuriosita e chiedeva alla nonna “nonna cos'è questo? Cos'è?” La signora mi ha consigliato di prendere la direzione di Piazza del Santo, poichè là ci sono gli alberghi per tutti i pellegrini di Sant'Antonio. In quella piazza infatti si trova la famosa Basilica di Sant'Antonio, chiamata comunemente “il Santo”.
Tutta questa piazza è circondata da alberghi, ma ...nulla da fare, è tutto pieno. Ora mi dedicherò al piano B, e cioè chiamare un amico di Venezia che forse mi può indicare qualcuno dove essere ospitato per stanotte. Intanto si è fatta notte, e prima che me ne riesca a rendere conto le strade del centro si riempono di gente. è sabato sera, e probabilmente queste strade rimarranno così frequentate per buona parte della notte. Siccome la zona pedonale del centro è vietata al traffico motorizzato di qualunque tipo, è successo che presto la gente si è accorta che si ci poteva far trasportare da quella singolare bicicletta a tre ruote, e soprattutto anziani e persone con difficoltà a camminare ne hanno usufruito. In questo modo ho visitato “by night” i posti più frequentati di Padova, in particolare la piazza Prato della Valle, che si dice sia la piazza più grande d'Europa. Pochi mesi fa sono stato a Karlovo Nàmesti a Praga, che anch'essa si vanta di essere la piazza più grande d'Europa.

palazzo della ragione


Anche qui a Padova ho fatto un'eccezione ed in un'occasione ho portato su addirittura tre giovani donne, da piazza Garibaldi sino a piazza del Duomo, che sembrava essere il punto centrale della vita notturna, una grande area elevata su uno zoccolo rispetto al piano stradale, e occupata dai tavolini dei locali. Tutto strapieno. Le ragazze stavano festeggiando un addio al nubilato, una di loro era la promessa sposa, e la ragazza con le stampelle era la neocognata. Arrivati in mezzo a quei tavolini ci hanno scattato delle foto allegre e un po' goliardiche, abbiamo bevuto uno spritz e infine siamo ritornati alla piazza Garibaldi.
Ad una certa ora però ho smesso con le corse ed ho cercato nuovamente un internet point là nel centro, e finalmente qualcuno me ne ha segnalato uno in fondo a via Altinate, a fianco di una chiesa, la chiesa di S. Sofia.
In questo internet point dopo aver sbrigato la corrispondenza elettronica più urgente, cerco il numero di telefono di Roberto a Venezia. Lui aspettava già la mia chiamata! L’avevo infatti avvisato gia da qualche settimana, che oggi sarei arrivato a Padova. Mi ha in prima istanza invitato a casa sua a Venezia, cioè lasciare parcheggiato là il risciò e prendere un treno per Venezia, per ritornare a Padova l'indomani mattina. Ma sarebbe stato poco pratico oltrechè non in linea con la mia filosofia. Inoltre il giorno dopo di mattina sarebbe stato scomodo alzarsi presto dopo una notte brava fra ospiti internazionali. E fallita questa possibilità, mi ha gentilmente messo in contatto con un caro amico Padovano, Antonio, che abita fuorimura nella zona di via Gattamelata. Non è lontano da là. Mentre facevo questa telefonata con Antonio, si è avvicinata al mio veicolo una giovane coppia a spasso con un cane. Marco e Vale sono due simpatici e nobilissimi giovani che abitano e lavorano a Padova, e facciamo subito amicizia. Mi invitano a lasciare il risciò per la notte nel cortile del loro palazzo, poichè da loro in via Gattamelata non è lontano dalla via dove devo poi andare a dormire. Ce ne andiamo speditamente noi tre più il cane sul risciò fino ad un bar che sta per chiudere, dove mi viene offerto un ennesimo spritz, e dopo aver parcheggiato al sicuro il risciò mi accompagnano ancora fino all'abitazione di Antonio, e infine mi invitano a fare colazione da loro domani mattina quando vengo a riprendere il risciò. Ben volentieri!
Antonio, un consulente finanziario, abita in un appartamento per lo più da solo ed accoglie spesso fra le sue mura domestiche viandanti, studenti o altre persone perbene che siano in difficoltà a trovare un luogo dove passare la notte. è appena stata ospite da lui una studentessa straniera che ha partecipato ad un laboratorio di scultura a Padova, e che gli ha lasciato per ricordo le sculture che ha fatto durante il corso. La stanza degli ospiti, come anche il resto della casa è davvero ben arredata. Beviamo ancora un po' di vino mentre ci raccontiamo vicendevolmente un po' delle nostre vite. Ben presto mi accorgo di parlare con una persona estremamente fine ed intelligente, che mi spiega delle cose interessanti sulle leggi che reggono l'economia.

Di come nell'economia che regola l'attività di qualunque grande società o azienda l'ecologia non sia un fine comune da raggiungere, ma un mezzo per costruire un aumento di prestigio attorno ad un prodotto. La stessa immagine etica che tante società mostrano nei confronti del pubblico, devolvendo una certa percentuale del prezzo di un prodotto a questa o quella organizzazione umanitaria o ecologista, è frutto di una precisa strategia di mercato.
Se in economia devolvo il 5% del mio guadagno per una buona causa ecologista, in realtà attuo una strategia di marketing, per cui, sfruttando la crescente consapevolezza fra i consumatori delle questioni rese scottanti dai resoconti scientifici sull'inquinamento del Pianeta, prevedo di aumentare così del 10 o 20 % le mie vendite.
La strategia economica viene in ciò separata da quello che il singolo uomo o gruppo di uomini che attuano questa strategia privatamente pensano dei problemi che minacciano la nostra esistenza su questo pianeta.
Alla stessa persona viene richiesto in economia di scindere l'uomo etico dall'uomo economico.
In effetti proprio per sfuggire a questo dovere ho dopo lunga riflessione, ed alcuni maldestri tentativi rinunciato a cercare il sostegno di aziende e società. Per essere libero di svilupparsi ed estendersi, il moto interiore che ci può portare a diffidare seriamente della società del consumo non può rimanere slegato dagli altri ambiti della vita, quindi neanche da quello economico. Io esprimo il mio pensiero etico, nella attività pratica del viaggiare, e cerco di non farne un ambito separato dalla mia esistenza economica. Come direbbe qualcuno: "Si può fare".
Questo è anche uno dei motivi per cui ho concepito la mia “azione” come un'attività pubblica, ma con un fine personale e concreto, e cioè andare da una città fino ad un'altra città.
Qualunque manifestazione dove delle persone, per quanto con i migliori propositi, mostrano “come si fa a rispettare l'ambiente” è sul piano del fine pratico, della "sensibilizzazione", assai meno efficace di un'attività privata che si svolge in una dimensione pubblica, che si svolge cioè primariamente con motivazioni espressamente private, e poi più o meno indirettamente veicola anche ulteriori valori. (“chi ti finanzia?” E “perchè lo fai?” sono le domande a bruciapelo a cui più spesso ho dovuto rispondere in giro per l'italia, e a cui ho risposto rispettivamente “nessuno, semplicemente spendo un po' dei soldi che ho risparmiato dal non aver comprato un'automobile” e “perchè devo andare a Genova”).
L'azione pubblica -sia essa a sfondo ecologista o antiomofobico o altro- che si lascia intendere come evento performativo, e quindi non rientrante nella vita normale ma distaccato da questa da un'aura di eccezionalità, raggiunge sicuramente l'obiettivo di coinvolgere e compiacere la gente che già possiede gli strumenti culturali per intuirne il valore.
Ma su un piano "antropologico" l'azione pubblica è solo un rito, un'attività catartica che si rivolge sempre necessariamente alle persone che già partecipano di quella cultura e che si riconoscono in essa come parte di una comunità, un'attività che le sgrava dall'apprensione dei problemi legati a quello per cui si manifesta, grazie anche al fattore tranquillizzante della socialità.
Chi non appartiene alla cerchia degli ecologisti, o degli anti-omofobisti, o altro, per lo più osserva queste manifestazioni come folclore, o come attività per il tempo libero, e per lo più si allontana ancor di più dalle loro tematiche.
Così accadde a me quando una volta incontrai per le vie di Monaco un nutrito corteo di cristo-vegetariani durante lo svolgimento del mio lavoro. Ho pensato:"Ma non hanno niente di meglio da fare che manifestare per la strada? Ma che vadano a lavorare, e poi vediamo se hanno ancora voglia di ostruire il traffico con queste idiozie!".
L'unico mezzo sincero di persuasione non consiste nell'esibizione di qualcosa, ma nell'esempio, e in esso l'intima coerenza delle nostre azioni con il nostro pensiero.

Vicenza-padova: 33 km


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