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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
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Quinto Giorno

martedi 28 agosto 2007

Come andò che si proseguì fino alla capitale altoatesina, e si prosegui su una autostrada ciclabile fino a che si ci perse di vista, arrivai a Trento e fui accolto in un centro sociale intitolato ad un grosso e peloso martire del cieco antropocentrismo occidentale.



L a sveglia suona molto presto per tutti a casa di Lidia. Lei deve andare al lavoro e anche noi è meglio che ci muoviamo se vogliamo arrivare a Trento nel centro sociale dove ci aspettano entro stasera. Così verso le 7 e mezza siamo già tutti fuori di casa e le nostre strade si dividono, a malincuore. Speriamo di reincontrarci presto, magari proprio a Scharnitz in mezzo a quelle montagne bellissime che il Klaus dei Lama ci vorrebbe portare a conoscere. Sulla strada che continua come ieri a saliscendi si cominciano a vedere i primi vigneti. E tante mele. Il tempo è freschino di mattina, e nel corso della mattinata ricomincia a minacciare tempesta con qualche goccia di pioggia qua e là. Mark si rimette il preservativo, ma siccome non si decide a piovere sul serio presto se lo leva di nuovo. Una vera e propria colazione non ne abbiamo ancora fatta, ma nei miei desideri ora c'è spazio solo per un sostanzioso pranzo, cioè un bel piatto di pasta col ragù con un quartino di vino, una zuppa di verdure col pane, caffè e cappuccino. Questa fantasia soave me la sono però portata dietro per almeno 20 chilometri: Non c'era infatti nessuna trattoria o punto di ristoro lungo la strada che facesse qualcosa da mangiare prima delle 11 e mezzo. Ma dico io, se uno ha fame prima come fa? Mi direte voi: fa un salto fino a Bozen in auto e là ci sono sicuramente cucine aperte anche la mattina. Ok ma come faccio se vado alla velocità di un carro e non a quella di un auto? Insomma siamo entrati nel primo centro abitato un po' più grande, la cittadina di Chiusa (Klausen) E abbiamo chiesto a tutti i locali della città, e a tutte le persone a cui ho dato un passaggio, ma non si trovava proprio nessuna cucina aperta. Peccato, ho pensato, perchè era proprio una bella cittadina e mi ci sarei fermato volentieri un po' più a lungo. Uscendo da Klausen ci è sembrato una buona idea percorrere la pista ciclabile che porta sino a Bolzano, ma devo dire che, se per una bicicletta forse ha i suoi vantaggi rispetto alla strada statale, per un triciclo sarebbe stato un disastro: è una via stretta e con un fondo irregolare, che accompagna la statale salendo e scendendo, svoltando e risvoltando come sulle montagne russe. Avrei impiegato per percorrerla il doppio del tempo necessario comodamente lanciato sulla strada ben asfaltata della statale. Così le nostre strade si sono divise per un bel tratto. Finchè, alleluja, Mark mi manda un SMS dicendo che è seduto al tavolino di una trattoria e mi sta aspettando per ordinare. Dopo un paio di minuti l'ho già raggiunto, e mi siedo con lui, mentre un team di ciclisti sportivi che facevano una pausa là ci guardano un po' disorientati. Ho ordinato alla signora che è uscita fuori a servirci esattamente le cose che mi ero immaginato, e quello che ho ricevuto era se possibile ancora più buono che nella mia immaginazione. Mentre eravamo seduti a godercela, intorno a noi c'era un po' tutta la famiglia dell'osteria, con il bambino, il papa e il vecchio, che era vestito in un modo piuttosto fuori moda ma assolutamente delizioso, con i pantaloni ascellari. Il bambino non sapeva ancora parlare troppo chiaramente, ed ero interessatissimo a capire che lingua imparasse a quell'età, i genitori parlavano fra di loro in italiano, ma il bambino sembrava tirar fuori solo parole tedesche. Bene questo era un po' il pranzo di compleanno per Mark, infatti dall'altro ieri non ci eravamo più seduti a consumare un pasto come si deve. Ora eravamo lentamente in Italia, e cercavo di spiegare a Mark qualche parola di base per andare avanti in italia senza gesticolare troppo.”Mi piaci”, “sei carina” li ha subito imparati, per “chi va piano va sano e va lontano” c'è voluto un bel po'di impegno in più. Lui invece mi ha offerto una perla della sua filosofia: “se sei l'unico a fare una cosa che ritieni giusta, non ritenerti svantaggiato e non vergognarti per il fatto di essere in minoranza. Hai comunque sottratto te stesso alle file di coloro che non la fanno e ingrossato le file dei giusti. Da là in avanti, dopo che un coltivatore diretto ci ha dato delle prugne appena raccolte da mangiare, è presto comparsa una via ciclabile assai migliore di quella finora percorsa, che ci avrebbe condotti direttamente in Bolzano. Lungo questa via in alcuni punti erano state applicate alle pareti intorno da un'artista locale dei graffiti sul tema del velocipede. La prima cosa che incontro a Bolzano è un centro di attività per persone handicappate. è bellissimo. Proprio quando passo per la strada di fronte al loro palazzo arrivando da Kardaun loro sono tutti là fuori perchè fanno la pausa-merenda ed è arrivato un carrello pieno di krapfen con la marmellata. Sento allora che anche per me è arrivata l'ora della merenda...il dirigente di questa comunità permette ad alcuni dei ragazzi di farsi un giro sul risciò con me là in quel dintorno, e poi questi hanno insistito perchè mangiassi qualcuna delle loro merende, e me ne hanno date anche un bel po' da portar via per il prosieguo del viaggio. Intanto Mark già da un pezzo mi aspettava nella piazza Walther, che è la piazza del Duomo,seduto dal monumento. Io ci arrivo attraverso ponte Loreto, dove la pista ciclabile,- come ci è stato raccontato- prosegue nella valle dell'Adige sottoforma di ciclostrada, un'autostrada per biciclette. C'è una bella atmosfera ora qui nel centro di Bolzano: splende il sole, è caldo e c'è molta gente per la strada. Potrei offrire il mio taxi alla gente, ma mi accorgo che dovrei qui superare una diffidenza troppo grande (me ne convinco perchè quando chiediamo delle informazioni ad un gruppo di ragazze tirolesi, si sono comportate come se fossimo dei maniaci sessuali, cioè non rispondendoci neanche), e inoltre proprio in quella piazza lungo lo scalino che delimita l'area pedonale sostano dei taxisti che mi stanno già adocchiando con aria corporativa. Preferiamo perciò limitarci a godere da normali turisti di questo piccolo centro storico nel poco tempo che ci possiamo concedere prima di ripartire per Trento, e magari bere qualcosa in qualche bar all'aperto. Perciò ci infiliamo nelle stradette verso nord, passando dal municipio e vagando un po intorno ai portici, cosa che per noi su due e tre ruote era anche un po' difficile dato che le stradette erano affollate di pedoni. Intanto che riempivo le mie borracce ad una fontana Mark per caso ha incontrato seduto ad un caffè un amico tedesco che da poco ha cominciato a studiare qui a Bolzano. Così ci sediamo un po' con lui ed è una buona occasione per sapere un po' come si vive in questa città. Dice che ha dei problemi ad imparare l'italiano, perchè appena lo vedono tutti gli parlano in tedesco, per esempio nei negozi, parlano tutti di preferenza tedesco. In effetti anche per la strada si sente parlare poco in italiano, eccetto fra quei gruppi di elegantoni di cui ieri sera, e alcuni uomini maturi che dall'abbigliamento sono riconoscibilissimi come “cumpari” del sud mandati sin qui ad occupare posti statali.
Per troppe osservazioni manca il tempo, e mentre Mark rimane ancora un po' a chiacchierare con il suo amico, io comincio ad avviarmi, e lui mi raggiungerà presto per strada. Non ci si può perdere, basta tornare sul ponte Loreto, seguire la pista ciclabile per Trento (distante 58 km), e poi andare sempre avanti seguendo il corso dell'Isarco che piega verso sud.
Uscendo dalla città, vedendo che la pista ciclabile è davvero scorrevole, con un ottimo fondo stradale, e tutto sembra propizio ad aumentare la velocità media, ho pensato di mettere le scarpe con la click per andare più veloce e così magari arrivare a Trento prima del buio. Erano circa le 4 del pomeriggio, e mantenendo i 20 km/h in teoria si poteva arrivare in sole 3 ore.
Ma come si fa a percorrere una strada che non si è mai vista prima senza fermarsi ad osservare questa o quell'altra cosa interessante. Persino là, su questa vera e propria superstrada per biciclette, dove quasi non c'erano aree di sosta, evidentemente pensata per i ciclisti da cronometro più che per normali utenti, persino là non ho potuto evitare di fermarmi ogni tanto e rendermi conto di dove ero.
Una ampia distesa pianeggiante, su cui parallele scorrevano la statale, l'autostrada e la ferrovia, e nel mezzo un po' dappertutto stavano arrivando a maturazione milioni, miliardi di mele squisite. Sui monti attorno a me piccoli paesini, rocche antiche e le rocce aspre su cui sono costruiti.

la valle delle mele


Non ho incontrato quasi nessuno su quel viadotto, solo un ragazzo romeno a piedi, e un gruppetto di cicloviaggiatori provenienti dalla Sassonia. Per il resto gli unici utenti della strada erano ciclisti il cui unico obiettivo era di essere veloci come il vento. Insomma nessuna chance di socializzare con nessuno, e neanche di veder corrisposto il mio segno di saluto con la mano. A volte si vedevano anche delle persone arrivare sino alla pista in auto e scaricare là le biciclette da corsa.
Mi è certo dispiaciuto di non aver percorso la statale, perchè da là avrei attraversato i centri abitati e quindi avrei avuto più possibilità di conoscere la gente che abita in questa valle dell'Adige. Ma questo viadotto per tutta la sua lunghezza rimane quasi completamente isolato dalla civiltà attorno. Un paradiso pensato per chi vuole sentirsi in mezzo alla natura. Ma l'uomo non è forse natura? A me piace di più la strada statale, e la prossima volta la preferirò alla ciclabile!
Una trentina di chilometri a nord di Trento ci incontriamo un'ultima volta io e il Mark. è in una piazzola di sosta con dei tavoli di legno da picnic, e mi racconta di come si fosse fatto trascinare così bene dietro una ciclista bellissima, e di quanto in generale fosse entusiasta di tutta questa ciclostrada.
Mentre mi aspettava ha raccolto qualcuna di quelle mele che crescono ovunque, e quando ne ho addentata una non potevo credere quanto fosse buona...mmm. Intanto passavano di lì due donne di mezza età, che in italiano (qui siamo ormai in Trentino) ci domandavano incuriosite che cosa facciamo e dove andiamo. “Io vado a Genova”, dico ”e lui va al mare in Toscana”. “Ma siete mica amici di quella coppia tedesca che andava a piedi con l'asinello verso Assisi, e che sono passati di qua in giugno?” chiede una di loro. Naturalmente non ne abbiamo mai sentito parlare, ma è bello sapere che qualcuno è così libero da andare a piedi attraverso le alpi, ed effettivamente adibire un'asino a trasportare i bagagli non è una cattiva idea, sicuramente più sano che portare sulle spalle uno zaino pesantissimo per giornate intere, come facevo io quand'ero più giovane.

È l'ultima volta che ho visto Mark... poco dopo quella sosta, mentre scendevano le tenebre nella valle, ha cominciato a piovere seriamente: dapprima lampi, poi fulmini, e infine pioggia a scrosci. In queste situazioni c'è una sola cosa da fare: aspettare che smetta. Ciò che proprio allora mi ha infastidito è stato di trovarmi su una maledetta pista ciclabile senza niente altro attorno dove ripararsi. Fossi stato su una normale strada statale, avrei sicuramente trovato presto un tetto sotto cui aspettare. Qui invece non c'era neanche un albero. Così mi sono infilato nella cabina passeggeri, ho tirato giù il tetto da pioggia, e seduto là dentro ho ascoltato un po' la radio aspettando che si calmasse la tempesta.

La radio è una delle poche cose elettriche che mi sono portato dietro. Consiste in un walkman con una cassetta di musica balcanica dentro e radio incorporata che trova posto in un marsupio appeso al telaio della bici, e collegato ad esso un piccolo amplificatore che ho comprato da Conrad a Monaco per 19€, un gadget che si aggancia al manubrio della bicicletta ed è fornito anche di un faretto a led, di una radio (che però ha funzionato per soli 15-20 secondi...), e di una bussola, quest'ultima utilissima soprattutto quando si è in viaggio in paesi sconosciuti. Questo aggeggio utilizza due batterie stilo ricaricabili, e il walkman ne utilizza altre due. Per ricaricare queste ed eventuali batterie, oltre che quella del telefonino, ho portato con me un piccolo ricaricatore solare, nel cui vano batterie si possono appunto ricaricare 4 batterie stilo, piazzato sul tetto della cabina ed asportabile in caso di rischio pioggia. Per caricare il telefonino si inserisce un cavetto apposito che collega il telfonino alle batterie cariche, e il telefonino succhia la carica dalle batterie. Questo aspetto del funzionamento del pannellino solare l'avremmo entrambi compreso solo il giorno successivo. Mark si portava dietro legato al suo portabagagli un apparecchio simile al mio, e invano collegavamo il nostro telefonino all'apparecchio quando c'era il sole, pensando che quello fosse il modo perchè si ricaricasse. È per questo motivo che quella sera il suo telefonino si è scaricato definitivamente e abbiamo perso ogni contatto, non avendosi lui neanche scritto il mio numero di telefono su un pezzo di carta. Sfortuna. Ho allora sperato che si ricordasse il nome del posto dove avremmo dovuto pernottare, e quindi ho sperato di incontrarlo là una volta giunto a Trento.

Intanto, sopraggiunta ormai l'oscurità, aveva quasi smesso di piovere, così ho indossato la giacca impermeabile che mi sono portato dietro, e presto mi è venuto un certo languorino. Perciò sono uscito dalla pista ciclabile e ho raggiunto il primo posto dove si potesse mangiare qualcosa.
Era un bar presso l'abitato di Lavis, i cui avventori erano siciliani. La barista invece era evidentemente del posto, ed era molto simpatica e gentile. Mi ha offerto qualcosa da bere e mi ha dato un buon pane alla piastra con un po' tutto dentro, buonissimo. Ha detto che Trento non è più lontana che una decina di chiometri, ma che lei con quella città ha rotto ogni rapporto. Nel locale si sentiva della bella musica e nel mentre mi sono riscaldato un po' le mani intirizzite, poi ho preso anche un the caldo e sono uscito fuori dal locale a berlo. E fuori ho chiacchierato un po' con questi siciliani, e ad uno di loro ho fatto guidare il risciò nello sterrato di fronte al locale, mentre ancora scendeva un po' di acqua sulle pozzanghere.

Avevo già fatto esperienza delle difficoltà che molte persone hanno la prima volta che guidano un triciclo. Infatti soprattutto chi è abituato con la bicicletta o con il motorino, piega meccanicamente il corpo nella direzione in cui deve girare, mentre se si pedala su tre ruote l'unica cosa che permette di girare è il manubrio, non il corpo. Perciò in alcuni casi è davvero una comica vedere persone quasi cadere di lato nell'intento di girare, pensando che il telaio si inclini anch'esso di lato. Un altro riflesso dato dall'abitudine alla bicicletta è quello di mettere immediatamente i piedi a terra non appena il risciò si ferma, come se ci fosse pericolo di perdere l'equilibrio. Ma se ci si muove su tre ruote, è una legge elementare, non si può cadere da fermi!

Infine ho percorso gli ultimi chilometri che mi dividevano dal capoluogo trentino. E là mi sono accorto di un fatto che mi ha fatto sentire di essere arrivato in Italia: il fondo stradale particolarmente accidentato.
Contemporaneamente su quel lungo rettilineo si cominciavano a profilare nella luce fioca dei lampioni, fra fabbricati industriali e grossi centri commerciali, delle figure femminili in attesa di uomini bisognosi. Ragion per cui pensai di essere già arrivato nella periferia della città. Ma questa strada di commerci notturni sembrava non terminare mai! Mentre strombazzavo allegramente alle signorine, che mi rispondevano a loro volta festosamente, mi passavano accanto simili a carri funebri delle enormi jepps, dalle forme simili a quelle di un giocattolo per lattanti, che si fermavano a lato della strada e tiravano su una ragazza, o si fermavano e ne facevano scendere un'altra. C'era insomma un grande traffico di prostituzione stradale, e da allora in poi ho cominciato a capire come mai soprattutto nel ricco triveneto vadano tanto questi eleganti carrozzoni, i cosiddetti SUV (Sport Utility Vehicle): devono essere perfetti per farci dentro del sano SPORT con atlete di altre nazioni, mentre di giorno li puoi UTILIzzare come passatempo cercando dove parcheggiarla! Ci farò un pensierino, quando sarò ridotto proprio male (e avrò i soldi).

Ho gironzolato un po' dappertutto prima di trovare la via Buonarroti, dove ha sede l'illustre centro sociale “Bruno”, unico posto del suo genere in una città altrimenti ultraconservatrice, già da quando 4 secoli fa costituì la punta di diamante del movimento controriformista con il concilio tridentino.
Sono arrivato poi alla stazione centrale, dove dei taxisti in attesa davanti all'ingresso mi hanno spiegato come tornare da dove ero venuto per un pezzo e poi attraversare la linea ferroviaria, poichè il centro sociale è al di là dei binari. Così sono arrivato al sottopassaggio da via di Centa, e via Buonarroti era subito là a sinistra. Per trovare il palazzo del centro sociale non era facile. Non c'era praticamente nessuno a cui chiedere per strada, come anche nel resto della città, e la strada era lunga. Ma poi mi sono accorto nel cortiletto di un palazzo c'erano degli striscioni colorati, così ho pensato che fosse proprio là. Infatti in quel mentre uscivano dal palazzo alcuni intellettuali che dirigono il centro sociale, così ho chiesto se Kasper fosse lì. Purtroppo oggi aveva degli impegni fuori città e non l'hanno visto. Io spiego loro che ero d'accordo con Kasper per incontrarci qua la sera prima, ma durante la traversata delle Alpi avevo incontrato degli inconvenienti, per cui ero arrivato con un giorno di ritardo. “Hai attraversato le Alpi così?” chiedono con l'espressione di chi scopre di essere su una candid-camera. Eh si, capisco che è per molti difficile credere che si possa con le proprie gambe spostare se e le proprie cose su un triciclo attraverso le montagne, ma daltr'onde è anche per me difficile credere che ci siano persone nel nostro Paese che percorrono in auto più di 100 chilometri ogni giorno solo per spostarsi fra casa e un mediocre posto di lavoro. Cosa è più strano?

Poi ho raccontato loro che avevo perso il contatto con il mio compagno di viaggio, e siccome non avevano visto nessun tedesco in bicicletta da quelle parti, mi è venuto il sospetto che fosse rimasto sulla pista ciclabile, o che avesse avuto qualche problema meccanico lungo il tragitto. Così ho invitato Donatello e Francesca a salire e andare assieme a cercarlo nei pressi della pista ciclabile. Siamo scesi lungo la via buonarroti strombazzando alla gente davanti ad un cinema teatro, e arrivati presso il fiume siamo entrati pr un pezzo dentro la pista ciclabile. Ma non avrebbe avuto molto senso proseguire a cercarlo. Magari vedendo che non ci potevamo contattare ha continuato sulla pista per Verona, o ha piantato la sua tenda da qualche parte lungo la pista ciclabile a nord di Trento... Siamo tornati indietro e mi sono ripromesso di denunciare la sua scomparsa se l'indomani mattina non si fosse ancora fatto vivo.
Intanto s'era fatto tardi, e Donatello mi ha offerto ospitalità nel centro sociale. Poi abbiamo ancora parlato a lungo e mi ha fatto usare internet dal suo computer, mentre in un'altra stanza dei ragazzi guardavano un film documentario e in un'altra ancora, chiamata simpaticamente hack-lab (laboratorio per pirati informatici) altri ragazzi trafficavano su diversi calcolatori. Poi siamo ancora usciti fuori sul piazzale per mettere al sicuro il risciò dai furti, e siamo ancora stati a lungo fuori a chiacchierare e fumare un po' con altri intellettuali giovani e meno giovani, fintantochè la serata rimaneva asciutta e relativamente calda.

Ho dormito benissimo e molto profondamente.

Brixen-Trento: 98 km


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