Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? Rikscha,risciò and Co.
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Un po' di cenni storici per capire meglio

Innanzitutto, il risció non è un'invenzione né un'esclusiva cinese!



E non è neanche una cosa così vecchia ed antiquata come si pensa. Il primo a far costruire un veicolo su ruote adatto al trasporto di persone e mosso dalla sola forza umana è stato un prete inglese in missione a Tokio intorno al 1875. L'idea attecchì bene in Giappone, dove fino ad allora le persone venivano trasportate in lettighe e per il cui spostamento erano necessari almeno due portantini.
Dalla lingua giapponese il nuovo veicolo acquisì il nome con cui ancora oggi vengono chiamati i veicoli a trazione umana:

Jin-riki-sha.

In India e in Cina, dove il jin-riki-sha si modificò in un grosso triciclo a pedali e quella forma fece successo nelle aree pianeggianti di qesti due paesi, la parola ufficiale diventò 'Rikscha' (si pronuncia -rìkscia-), nei paesi anglosassoni venne scritto -rickshaw-, ove la pronuncia rimane molto simile alla parola indiana. In Germania invece la parola rimase invariata, e lo è ancora oggi: 'Rikscha'.

Solo i francesi, e sulla loro scia gli italiani, pensarono bene di ammorbidire la parola levando la -k- dura e spostando l'accento a fine parola. Si é consolidata perciò nella lingua italiana la versione 'risciò'.

Oggigiorno in italia si identifica perlopiù con la parola -risciò- un tipo di veicolo a trazione umana adibito non mai al trasporto di persone o cose, ma a semplice passatempo per turisti relegato alle aree litoranee italiane.
Di solito sono veicoli a 4 ruote che si presentano come parodie dell' automobile, e che permettono a due o più passeggeri contemporaneamente di sedere sui sedili e di pedalare assieme.

Per questa discrepanza di significato sarebbe opportuno recuperare la parola originale 'rikscha', o l'omofono 'rikscia' per identificare anche in Italia affidabili mezzi di trasporto adatti al traffico stradale, e mossi dalla sola forza umana.

Nei paesi di lingua anglosassone si sta diffondendo il termine commerciale "pedicab" per indicare quello che fino ad ora si sarebbe chiamato "rickshaw". Si tratta in sostanza dello stesso genere di veicolo, adibito al trasporto di persone, con la sola differenza che il pedicab dispone di scelte tecnologiche più moderne, come i freni a disco, e significa per i produttori, anche a livello di design, una rottura con lo stereotipo di risciò indiano un po' kitsch che tutti conoscono.


Mezzi di trasporto che assomigliano a tricicli a pedali ma che sono mossi da un motore elettrico sono, oltre che non esattamente ecologici, anche qualcosa che risponderebbe meglio al nome di "elettromotore" o "elettrociclo". In Estremo Oriente e sporadicamente in altre aree cittadine del pianeta, come Londra, vengono chiamati 'Tuc-Tuc'

In realtà la filosofia del trasporto di persone attuato con la trazione umana é antica come l'uomo, e sembra non essere mai venuta meno, nemmeno nella nostra epoca di ipermotorizzazioe forzata.
Penso ai possessori di rikscha di Calcutta, che hanno protestato veementemente contro il Governo indiano che avrebbe voluto proibire i veicoli a trazione umana a favore di quelli prodotti dalla nascente industria automobilistica.


Per qualche motivo culturale in Italia un'attività del genere viene ancora generalmente bollata come 'schiavista'. Come se sedere ad un computer o in un auto-taxi tutto il giorno fosse molto più umano, e come se occuparsi di accudire un cavallo e relativa carrozza, o comprare un'automobile e sostentarne i consumi fosse meno faticoso!
L'energia complessiva necessaria a muovere un'automobile è incommensurabilmente maggiore di quella necessaria ad un uomo che guida un risciò.
È come se pigiando sull'acceleratore prendessimo a frustate almeno una decina di schiavi!

In effetti se visitiamo le grandi capitali del Nordamerica, del Nordeuropa e dell'Australia, cioè le parti del mondo che possiamo definire più 'progredite', ci accorgiamo che molte persone, di solito di cultura medio-alta, studenti e intellettuali, lavorano volentieri come rickshaw-driver.

Non hanno l'aspetto di schiavi, anzi: sono ben felici di fare del moto ed essere in contatto con tanta gente invece che seppellirsi in un ufficio, in una fabbrica o in un laboratorio per due soldi di stipendio.


I veicoli che utilizzano questi moderni rikscha-wallaa occidentali sono assai più leggeri da guidare che i loro progenitori indiani, dispongono di cambi di velocità, freni efficienti e di un telaio più leggero, Nelle grandi città sono sul breve percorso imbattibili mezzi di trasporto, campioni di agilitá fra aree pedonali, strade, marciapiedi e aree ciclabili.


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